Gianni Rodari

GIANNI RODARI:
Signore e signori, fatevi avanti più gente entra, più siete in tanti!
Correte a vedere la grande attrazione, la formidabile invenzione.
Non sono venuto su questo mercato per vendere il fumo affumicato.
Non sono venuto a questa fiera per vendere i buchi del gruviera.
Il mio nome è Pulcinella ed ho inventato la moz - za - rel - la!
Da questa parte, signori e signore son Pulcinella il grande inventore!
Per consolare i poveretti ho inventato gli spaghetti.
Per rallegrare a tutti la vita creai la pizza Margherita!
Olio, farina, pomodoro nulla vale questo tesoro.
Ad ascoltarlo corre la gente, si diverte... e non compra niente!!

ISTITUTO EUROPEO DELLA PIZZA

mercoledì 3 novembre 2010

MANUALE DI PRODUZIONE







INTRODUZIONE

Come abbiamo visto nello schema iniziale della broscur (ordine di mescola), che nell'impasto già all'inizio con l'introduzione dell'acqua nella farina, ha delle reazioni chimiche essenziali per la buona riuscita del composto, quindi è buona cosa rimarcare di seguito i passaggi per un migliore apprendimento.


Ia FASE:

Farina, Acqua, Lievito.

Quando l'acqua incomincia a mescolarsi alla farina ed al lievito, gli enzimi contenuti nella farina partono a trasformare gli amidi in zuccheri semplici (glucosio e fruttosio), l'importanza di questa traformazione è basilare per far si che il lievito al momento che incomincia la sua azione abbia già a disposizione il nutrimento necessario per produrre anidride carbonica e alcool etilico.

Questa operazione la si può coltrollare mediante la temperatura.

Per permettere al lievito la lavorazione necessaria (lievitazione), l'impasto deve avere una temperatura all'uscita dall'impastatrice superiore hai 17°c, altrimenti la lievitazione non parte.

A questo proposito bisogna ben tener presente che tipo di impasti vogliamo produrre, se il nostro intento è di avere degli impasti da riporre in refrigerazione per ottenere una maturazione lunga ed un impasto digeribile a seconda della tipologia di farina utilizzata, sara nostro dovere assicurarci che la massa non superi la soglia della temperatura dei 17°c,

questa precauzione la possiamo gestire semplicemente con una formula che andremo a spiegare più avanti.

Nella prima fase avviene anche la trasformazione di due proteine essenziali, mentre la globulina e la l'abumina si sciolgono nell'acqua, la glutenina e la gliadina si uniscono formando il glutine ovvero la cosidetta maglia glutinica, essenziale, perchè è la parte principale per far si che avvenga la lievitazione, unendosi e formando la maglia glutinica queste due proteine permettono alla massa di trattenere in sé l'anidride carbonica prodotta dal lievito dando cosi modo che l'impasto possa gonfiarsi e appunto lievitare.


IIa FASE:

Olio d'oliva.

Possibilente per la buona riuscita di un impasto l'olio che dovremmo utilizzare dovrebbe essere di qualità extra-vergine, per le sue propieta organolettiche e fisiche, essendo più viscoso degli altri olii e più profumato non che saporito, conferisce alla massa un ottimo profumo, un sapore gradevole, dopo la cottura una colorazione più scura, e non meno importante aiuta la maglia glutinica ad ottenere più elasticità e plasticità, necessaria per una lavorazione manuale meno difficoltosa.

Un altra sua particolarita è che aiuta la sopravvivenza del lievito, depositandosi sulle pareti della maglia glutinica e costituendo una sorta di bariera dall'effetto devastante che potrebbe avere il sale nei confronti del lievito, il sale avendo come particolare propietà di idroscopicità, attaccherebbe il nucleo della callula del lievito uccidendolo, essendo il lievito un organismo unicellulare.


IIIa FASE:

Sale.

Come abbiamo visto prima il sale (cloruro di sodio) ha della propietà di idroscopicità, e per questo motivo lo inseriamo nell'ultima fase dell'impasto, ma oltre a questa proprietà all'impasto conferisce sapore e rafforza la struttura della maglia glutinica, dandole più resistenza allo stiramento (tenacia).


Bisogna sottolineare che queste tre fasi hanno dei tempi ben precisi di svolgimento, che sono determinati dalla tipologia di impastatrice che si utilizza, ad esempio un impastatrice ad aspirale ha un rapporto di atrito e calore sviluppato per l'appunto dall' atrito di circa 8\10°c ed un tempo massimo di impasto di 15 min., un'impastatrice a forcella ha un rapporto di circa 5\7°c ed un tempo di impasto di 24 min., ed in fine un impastatrice a braccia tuffanti ha un rapporto di circa 2\4°c e di un tempo di impasto di circa 30\35 min..

Queste caratteristiche si differenziano per la tipologia diversa di mescola che hanno le impastatrici, per suddividere le tre fasi per le differenti impastatrici, basta suddividere le tre tempistiche in tre fasi. Cosi facendo con l'impastatrice ad aspirale avremo un tempo per fase di circa 5 min., con impastatrice a forcella un tempo per fase sarà di 8 min. , ed infine per l'impastatrice a braccia tuffanti avremo un tempo per fase di circa 10 min., cosi facendo sapremo anche quanto incide il rapporto di calore con le differenti impastatrici, che ci servirà in seguito per capire, con la formula, la temperatura dell'impasto ottimale.



MATURAZIONE

Per far si che avvenga una giusta maturazione, dobbiamo aver eseguito le tre fasi dell'impasto in modo appropriato, cosi che tutti gli elementi inseriti eseguano il loro lavoro alla perfezione, cosi facendo avremmo un ottimo risultato. Ciò significa che lo svolgimento dell'impasto sia stato fatto con i tempi giusti, adeguati alle impastatrici e alle temperature del luogo in qui siamo a lavorare, non che al tempo meteorologico che avremmo quel gorno, al posto dove lo immaganizzeremo, la temperatura del frigo di stoccaggio o del magazzino, il tempo che lo terremo in frigorifero o di immaganizzamento, le condizioni meteorologiche di quando lo andremo a

utilizzare, a leggere tutto questo può sembrare difficile, ma non è affatto cosi, sono accorgimenti che se ne prenderà padronanza solo con il tempo ed il lavoro svolto.

La fase di maturazione è il periodo di tempo che passa tra la fine della manipolazione dell'impasto (preparazione delle singole palline), e l'inizio della lievitazione.

Forse possiamo asserire che è la fase più significativa di tutto il processo dall'inizio dell'mpasto al consumo del cliente, determina infatti la sua digeribilità e il suo gusto primario, è il punto dove gli enzimi lavorano maggiormente per trasformare gli zuccheri composti (amido), in zuccheri semplici (glucosio e fruttosio).

Visto l'incapacità del corpo umano a digerire gli amidi, e come noi anche i lieviti hanno questa prerogativa, il lavoro che svolgono gli enzimi è significativo per una buona digeribilità del prodotto pizza o focaccia.

Il mancato lavoro degli enzimi sugli amidi, ci porterebbe a bere una quantità di acqua spropositata alla cena effettuata, proprio per dar modo al nostro stomaco di sciogliere gli amidi cosi da poterli digerire.


Queto periodo ha due modi per essere gestito:

1° Stoccando l'impasto suddiviso in palline da 180\250gr. in

frigorifero alla temperatura di 3°c., con l'accorgimento di non

aver fatto superare all'impasto la tempeatura dei 17°c., cosi

facendo non diamo modo al lievito di incominciare a produrre

anidride carbonica, e possiamo gestire al meglio la lievitazione.

In caso contrario ci troveremo difronte ad un problema che con il

freddo del frigorifero e la lievitazione al cuore delle palline,

l'impasto al momento della stesura si strapperebbe prima di

arrivare alla larghezza richiesta di una normale pizza.

Questo problema si riscontra perchè in una pallina si

troverebbero due lievitazioni differenti, una la cuore che

incomincia appena abbiamo formato la pallina e l'altra

esternamente alla pallina, perchè verrebbe portata alla

temperatura del frigorifero più velocemente della sua parte più

interna.

2° Mettendo in magazzino l'impasto suddiviso in palline da

180\250gr., alla temperatura ambiente.

In questo passaggio va tenuto ben presente la forza proteica della

farina utilizzata, più il valore proteico (W) e alto e più tempo

serve perchè avvanga la lievitazione. In base alla farina utilizzata

il tempo di lievitazone e maturazione può variare dalle 4 ore per

le farine deboli (w180) a un massimo di 24 ore per le farine forti

(W480). Con la differenza che se riposte in frigorifero con una

farina di 180W possiamo arrivare a 24 ore di frigorifero, invece

con una farina di 480W, possiamo arrivare anche a 5\6 giorni di

frigorifero. Questo sistema è comunemente usato da quasi tutte le

pizzerie, ma ha dei limiti di utilizzo e comporta uno spreco di

massa che influisce sul guadagno generale dell'attività.

Le palline lasciate a lievitare dopo che hanno fatto il proprio

percorso di maturazione e lievitzione arrivano ad un decadimento

strutturale e organolettico da risultare maleodorante e indigesto,

non meno importante brutto da vedersi. Quindi l'utilizzo del

frigorifero è sempre il miglior sistema.


Difetti e cause di una scarsa o eccessiva maturazione.

Difetti della scarsa maturazione:

        1. crosta scura e dura

        2. Pasta gommosa con bolle irregolari e spaccature, secca rapidamente.

Cause:

          1. temperatura della massa troppo bassa

          2. lievito insufficiente, troppo vecchio

          3. temperatura dell'acqua troppo alta al momento d'impasto

          4. scarsa qualità del lievito

          5. eccessiva quantità di sale

          6. scioglimento del sale e del lievito nella stessa acqua

          7. lievitazione troppo breve per la qualità di farina utilizzata


Difetti eccessiva maturazione:

            1. non si alza in cottura

            2. crosta biancastra

            3. rafferma rapidamente

            4. pasta secca con sapore acido

            5. facilmente briciolabile

Cause:

              1. troppo lievito in base al quantitativo necessario

              2. lievito troppo forte

              3. lievitazione prolungata con farine troppo deboli



LIEVITAZIONE (fermentazione)

Sapendo che il lievito e la farina agiscono da subito al contatto con l'acqua, assistiamo ad una reazione biochimica vera e propria, avendo unito due reagenti, che permette alla massa di svilupparsi tre volte la sua grandezza, mantenendo sempre il proprio peso. Questo processo a luogo in tutte le fasi dell'impasto, dalla mescola dei prodotti primari alla meta della cottura, naturalamente con picchi diversi di sviluppo, a seconda delle temperature a cui si espone la massa.

La lievitazone avviene perchè il lievito assorbe gli zuccheri semplici (che a loro volta sono stati trasformati dagli enzimi), in anidride carbonica e alcool etilico, l'anidride carbonica intrappolata dalla maglia glutinica da modo all'impasto di gonfiarsi, e l'alcool etilico di dare un valore aggiunto al gusto dell'impasto stesso.

Per dar modo che avvenga un buon rigonfiamento delle palline, bisogna anche porzionare le palline in maniera da dargli una nervatura, questa nervatura la si può controllare schiacciando con un dito il centro della pallina formata, se il centro tende a riportarsi nella posizione iniaziale, significa che la pallina ha una buona nervatura, altrimenti se il buco rimane non c'è una buona nervatura e si consiglia di ripetere l'inpallinamento.

L'attività del lievito è condizinata dalla temperatura dell'impasto, esso incomincia la trasformazione solo se si trova in un ambiente superiore hai 17°c., in caso contrario rimane dormiente fino a che la massa non raggiunge la temperatura necessaria.

Se la temperatura della massa è superiore ha 30\34°c, avremmo l'effetto opposto, cioè il lievito incomicierebbe la la sua trasformazione troppo velocemente, e avremmo un impasto lievitato in pochissimo tempo, ma senza aver avuto una buona maturazione, il risultato di tale esecuzione non è congeniale al tipo di prodotto che dobbiamo lavorare.

Quindi arriviamo alla comclusine che a impastare all'ultimo momento non

si ottiene nulla di buono, e che la massa necessita di tempo per far si che diventi digeribile e non ci faccia venire sete nella fase di digestione.

La tecnica di refrigerazione delle palline è a questo punto la migliore, perchè ci da modo di lavorare con un prodotto costantemente monitorato, e di facile digeribilità.

Il grado di lievitazione raggiunto il suo culmine cessa e le palline come conseguenza si afflosciano, dal momento che succede questo non si possono più utilizzare perchè perdono la loro elasticita e plasticita diventando una massa inerte.

La capacità di un impasto di tenere la lievitazione si chiama grado di tolleranza, questa capacità è controllata anch'essa dal valore proteico della farina utilizzata, più il valore del W della farina è alto e più tempo e più gas è in grado di trattenere.


IL LIEVITO

(Saccaromices)

I lieviti che noi utilizziamo per la lievitazione o fermentazione, si trovano in natura come microrganismi unicellulari (batteri), alcuni di questi batteri sono utili all'uomo e altri invece sono dannosi come il mughetto o il candido albicas che portano al deperimento della frutta o addirittura infezioni.

Il battere che interessa a noi si chiama saccaromices e è un fungo da zucchero, infatti per riprodurlo industrialmente lo si immerge in una melassa di zuccheri semplici, in assenza di aria ed immerso nella melassa ha la capacità di riprodursi con il sistema di gemmazzione, al contrario se

in presenza di ossigeno può produrre anidride carbonica ed alcool etilico nutrendosi con gli zuccheri semplici, perchè come noi esseri umani è incapace di assimilare gli zuccheri composti, come ad esempio gli amidi.

Al microscopio si presenta sotto forma sferica dal diametro di circa

3\8 millesimi di millimetro, sta di fatto che in un grammo ne troviamo all'incirca 10 miliardi di cellule.

Come dicevamo poco fa si riproduce per gemmazione nel momento che la cellula è satura di zuccheri e in assenza di ossigeno, non trasforma più gli zuccheri in anidride carbonica e alcool etilico, ma si sdoppia, ricominciando subito dopo a riassorbire gli zuccheri, questo processo avviene fino a che si esauriscono gli zuccheri disponibili, in ultimo è giusto sapere che in buone condizzioni la cellula può avere una gemmazzione ogni 60 sec..

Nella panificazione possiamo trovare tre tipologie di lievito diverse tra loro,

  1. Lievito naturale, comunemente chiamato lievito madre,

    deriva dalla lavorazione dell'acqua e della farina, lasciando un composto dei due elemanti sopra citati all'aria aperta, la cotaminazione dell'aria interagisce con la farina producendo cosi dei batteri, e rimpastando più volte il composto, si ottiene il lievito madre (vedere produzione del lievito madre in scheda apposita).

  2. Lievito industriale, comunemente detto lievito di “birra”, come specificato in precedenza lo si ottiene mettendo una cellula in vasche di melassa di zuccheri semplici ottenendo cosi dopo circa 90 ore il comune lievito di birra,

    I) lievito di birra fresco

    II) lievito di birra liofilizzato, il più usato qua sull'isola

  3. Lievito chimico,

    I) lo definisce la parola stessa, contiene sostanze chimiche che portate ad alte temperature (sopra i 150°c) esplode e sprigiona anidride carbonica, è comunemente usato in pasticceria e dalle casalinghe per la preparazione dolciaria

    II) bicarbonato di sodio più potente del lievito chimico, infatti

    per il suo utilizzo bisogna dimezzare la quantità di lievito chimico utilizzata normalmente, sotituendola con il bicarbonato, viene utilizzato maggiormente con dolci che hanno aggiunte di componenti acide come le crostate con marmellata di arance, o limone.


Schematizziamo l'azione del lievito e l'utilizzo.

      1. Ricordarsi di stemperare il lievito di birra liofilizzato in acqua inferiore hai 25°c.

      2. Produzione di anidride carbonica

      3. Produzione di alcool etilico

      4. Rigonfiamento della maglia glutinica

      5. Controllando la temperatura dell'impasto possiamo ottenere tempi costanti di lievitazione.


SALE

Chiamato scentificamente cloruro di sodio, in commercio ne possiamo trovare di due tipi, il sale marino, che deriva dall'acqua di mare fatta asciugare in grosse vasche naturali o frabbricate appositamente, e il sale di roccia meno cumune ma anche esso commestibile.

Il sale marino quello che utilizzeremo più di frequente ha una proprietà che al sale di roccia manca, ed è quella dell'idrocopicità (capacità di trattenere i liquidi quando ce ne in abbondanza, e di rilasciarli quando incominciano ascaeseggiare, aiutando cosi i ostri prodotti a raffermasi meno velocemente, dando più tempo di vita al prodotto.

Oltre a questa caratterista ha ulteriori qualità;

  1. non deve essere amaro

  2. sciolto nell'acqua non deve presentare residui di nessun genere

  3. non metterlo mai a contatto con il lievito

  4. rinforza la struttura del glutine

  5. inibisce la crescita di muffe e batteri

  6. non bisogna mai diluirlo in acqua superiore hai 25°c.

  7. le misure consigliate sono ; sale grosso 40 gr. x L. di acqua

    sale fino 50 gr. x L. di acqua

  8. va inserito negli ultimi 5 min dell'impastazione

  9. propietà anti ossidanti

  10. favorisce l'imbrunimento della pasta in cottura

  11. mai mescolarlo direttamente al lievito


L'IMPASTAZIONE

Si possono fare due tipi d'impastazione, manuale e meccanica, oggi in tutto il mondo si utilizza la macchina per impastare per tre importanti motivi:

  1. evitiamo spreco di energie

  2. tempi corti

  3. spazi ristretti

In commercio troviamo tre tipi di macchine per impastare:

  1. impastatrice ad aspirale, o impastatrice planetaria 15 min., 8\10°c.

  2. a forcella, 24 min., e 5\7°c.

  3. a braccia tuffanti 30\35 min., e 2\4°c.

Come abbiamo visto nello schema iniziale l'impasto va eseguito con un ordine di mescola, per diverse motivazioni, ed una di queste è che ha bisogno del tempo e della forza scaturita dalla macchina, per far in modo che si formi omogeneamente la struttura del glutine, rimanendo nei tempi stabiliti alla macchina che utiliziamo per evitare che si strappi la maglia glutinica ed il surriscaldamento della massa, che porterebbe ad un prodotto non idoneo alla notra lavorazione, avendo cosi una lievetizione sommaria.

Quando l'impasto è terminato lo vedremo liscio e lucido, non si attacca alla macchina e lascia l'interno della macchina lucido e pulito, avremmo cosi un impasto omogeneo.

La temperatura dell'impasto la si determina, tenedo conto della temperatura dell'ambiente, la temperatura della farina, e la temperatura rapportata all'atrito che esercita la macchina che utiliziamo.

Al di sopra dei 27\29°c., avremmo un impasto che lievita velocemente ma con una caduta ancora più veloce della struttura, ed è irrecuperabile.

Al di sotto dei 19\20°c., avremmo un impasto che impiegherebbe molto più tempo per arrivare alla temperatura di 23°c., l'ideale per la lievitazione.

Per calcolare la temperatura ideale per impastare, bisogna calcolare e modificare la temperatura dell'acqua, con una semplice formula:

Temp. Acqua = temperatura dll'impasto 23°c. X 3 = 69°c.- (temp. Farina, temp. Ambiente, temp. Impastarice), es:

temp. ambiente = 25°c.,+

farina = 22°c.,+

impastatrice = 10°c.,

69°c.- 57°c.= 12°c., temperatura ottimale dell'acqua da utilizzare

L'acqua per ottenere un impasto di 23 °c., dovà essere a 12°c., quindi necessiterà di un raffreddamento, o riponendola in frigorifero la sera prima o utilizzando del ghiaccio.

La consistenza dell'impasto dipende esclusivamente dalla quantità di acqua che si utilizza e dalla capacità della farina di assorbirla.


TIPOLOGIA DELLA FARINA

Le varie tipologie di farina sul mercato presentano delle caratteristiche di assorbimento diverse tra loro, queste caratteristiche si differenziano dal valore proteico che ha la farina, che tradotto in termini di numeri è il W.

La capacità della farina di assorbire l'acqua viene controllata dal W, non è altro che il risultato dell'alveografo di Chopen, che disegna un grafico della resistenza e della plasticità che supportano 100 gr. di impasto lievitato e gonfiato fino a che non scoppia, l'area del grafico che ne risulta è il W non che il valore della farina, per essere ottimale deve avere un rapporto tra i due assi (plasticita ed elasticità), di 0,55.

Il valore più alto delle farine che si trovano in commercio per la pizzeria, pasticceria e panificazione è di 480 W, ottenuto con una con la macinazione di grani esclusivamente Canadesi.

Per ottenere le farine meno forti vengono miscelati i grani Canadesi con dei grani locali o esteri che presentano dei valori proteici molto più bassi.


Valori proteici (W) e assorbimento dell'acqua:






CLASSIFICAZIONE DELLA FARINA

Dalla macinazione del grano tenero si ottiene una resa in farina che oscilla tra il 70 e l'82%; il rimanente 18-30% è costituito da cruschello, farinaccio, granito, e crusca per uso zootecnico. La percentuale di farina estratta dal chicco dipende, oltre che dal tipo di grano, anche dai parametri chimico fisici impostati durante la macinazione. I molini moderni sono ormai automatizzati. Le aziende leader del settore sono OCRIM (Italia) e Buhler (Svizzera).

Il processo di macinazione del grano tenero inizia con la bagnatura del grano, che se ha un valore W (la cosiddetta "forza della farina", si veda il resto della voce) uguale o minore di 300 consiste nel portare l'umidità del chicco a 15,5% per 24 ore, mentre se il W ha valore maggiore a 300 a 16,5% per un massimo di 48 ore. Successivamente il frumento viene indirizzato nei molini che iniziano a spogliare il chicco della parte esterna, che mediante sistemi pneumatici viene depositata in appositi silos.

Il risultato finale sarà una farina con caratteristiche fisiche conformi alla lavorazione attesa. I prodotti di scarto come il cruschello, la crusca e il farinaccio possono essere usati per scopi zootecnici se non trattati secondo i termini di legge, altrimenti per scopo umano.

Le farine derivate da basse estrazioni (abburattamento del 70-75%) provengono principalmente dalla parte centrale del chicco e si contraddistinguono ad occhio nudo per la loro purezza e candore; sono denominate in Italia farina tipo 00. Al contrario, una farina ad alto tasso di estrazione (circa 80%) sarà meno chiara in quanto contiene anche la farina proveniente dalla parte esterna del chicco (strato aleuronico); in relazione al contenuto in ceneri (minerali) possono essere denominate farina tipo 0, tipo 1 o tipo 2. Quando la percentuale di estrazione giunge al 100% si ottiene la cosiddetta farina integrale, cioè uno sfarinato comprensivo anche di crusca.

  • La tabella seguente riassume le principali caratteristiche delle farine di grano tenero in commercio in Italia:

Denominazione del prodotto

Umidità max

Ceneri min

Ceneri max

Proteine min

Farina di grano tenero tipo 00

14,50%

0,55%

9,00%

Farina di grano tenero tipo 0

14,50%

0,65%

11,00%

Farina di grano tenero tipo 1

14,50%

0,80%

12,00%

Farina di grano tenero tipo 2

14,50%

0,95%

12,00%

Farina integrale di grano tenero

14,50%

1,30%

1,70%

12,00%

COTTURA

La cottura la si deve intrapendere quando tutti gli elementi del mezzo che utilizziamo (forno elettrico, gas, legna), sono pronti al loro utilizzo, bisognerà prestare molta attenzione alla temperatura che inposteremo nei forni elettronici o elettromecanici, e a che temperatura porteremo il forno a legna.

La temperatura ottimale per cuocere le pizze al mattone (rotonde con diametro di circa 30\33cm) non deve essere inferiore dei 350°c., e non maggiore dei 400°c., se fosse inferiore avremmo un biscottamento del prodotto, e viceversa se fosse superiore bruceremmo la pizza.

Per avere una buona cottura basta segure alcune norme essenziali:

  1. per il forno a legna, controllare il refrattario all'interno del forno, dalle pareti al piano di cottura.

    Quando vediamo che la volta del forno interno è di colore bianco con una striscia nera solo sul lato opposto del punto dove mettiamo la legna alla base vicino al piano di cottura, allora il forno è pronto per l'utilizzo, in caso che fosse tutta bianca o per metà ancora nera, o è troppo caldo nel primo caso o è tropo freddo nel secondo caso.

  2. Si deve avere all'interno na fiamma viva ma non forzata.

  3. Il piano del forno deve essere continuamene pulito, non possiamo infornare se ci fossero dei reidu di farina o di altri prodotti bruciati dalle cotture precedenti, lo si spazola grossolanamente con una spazola di ferro orientando i residui o le ceneri farso la fiamma, poi si sbatte una pala larga er spostare i rimanenti residui fini sempre verso il punto dove posizioniamo la fiamma.

  4. Mai pulire il forno con stracci bagnati o acqua libera, avremmo un crollo della temperatura del piano di cottura, che ci farebbe perdere tempo per rialzare la temperatura, nell'andare del tempo il piano di cottura denderebbe a consumarsi notevolmente.

  5. Tenere la fiamma possibilmente sempre nello stesso punto.

  6. Cercare il punto di equilibrio, tra le tre forze che esercitano calore, cielo, platea e fuoco, nei forni elettrici o a gas tra cielo e platea.

  7. All'uscita la pizza si dovrà presentare il bordo con uno spessore di circa 1,5\2 cm., con un colore leggermente arroncino, come il suo fondo dove appoggiava per essere cotta.

ARIA = CONVEZIONE

RAGGI = IRRAGGIAMENTO

CONTATTO = CONDUZIONE


Bisogna quindi trovare un punto di equilibrio tra le tre forze che governano l'interno del forno.






















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